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25-07-2022 / 3 minuti, 29 secondi

IL TAR LAZIO SI PRONUNCIA SUL RICORSO FIOTO & ALTRI VS DPCM LEA



E’ stata pubblicata il 25 luglio u.s. la sentenza n. 10579 con cui il TAR Lazio ha respinto il ricorso proposto nel 2017 da FIOTO e dalle altre Organizzazioni di comparto, per l’annullamento parziale del DPCM 12.1.2017 nella parte relativa all'assistenza protesica (artt. 17-18-19-64 e allegati 5 e 12); con il quale si sosteneva l’illegittimità della riforma del nomenclatore ortoprotesico sotto molteplici profili.
Alcune delle criticità rilevate nel 2017 si sono persino accentuate, a fronte di nuovi fatti nel frattempo sopraggiunti, tra cui l’entrata in vigore del MDR 2017/745 sui dispositivi medici e l’istituzione dell’Ordine professionale.

In particolare il ricorso FIOTO e ALTRI:

  • Contestava l’architettura con cui il DPCM ha ridisegnato l’assetto della classificazione dei dispositivi riservati all’assistenza protesica, in - Elenco 1 ; Elenco 2A e elenco 2B; in virtù della quale, la fornitura del dispositivo medico adattabile, che prima era erogata direttamente dal tecnico ortopedico in ragione del suo apporto professionale, oggi deve essere svolta tramite un sistema gara di “tipo misto” con una serie di evidenti criticità soprattutto per la compromessa attività prestazionale di adattabilità del dispositivo di competenza del tecnico ortopedico ; attività che non può essere evidentemente scissa dalla fornitura del dispositivo stesso.
    Lo stesso legislatore, ha dovuto introdurre una modifica alla classificazione degli ausili stabilita dal DPCM; infatti , ai sensi dell’art. 30-bis, D.L. n. 50/2017, ha disposto che tutti gli ausili cosiddetti ad alta specializzazione, che a distanza di sedici mesi dalla entrata in vigore del DL non avessero trovato giusta risposta nel regime di acquisto a GARA, avrebbero dovuto essere nuovamente sottoposti ad un sistema a tariffa amministrata.
    Ma in questi 5 anni non vi è stato alcun intervento di modifica da parte della Commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA. Una colpevole inerzia che ha costretto infine le associazioni di disabili ad intentare una class action contro il ministro della Salute
  • Ribadiva le criticità di attuazione da parte delle Regioni delle previsioni programmatiche contenute nel DPCM; difficoltà che contribuivano a rendere ancor più eterogenea l’assistenza protesica sul territorio nazionale, in spregio al principio su cui poggiano i LEA, secondo cui “il Servizio Sanitario Nazionale assicura i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’ assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse” .
  • Rilevava l’irragionevolezza della suddivisione stabilita dall’Allegato 5 al DPCM, alla luce dell’emanazione del Regolamento UE n. 745/2017, che ha ridefinito l’ambito dei dispositivi medici su misura e dei dispositivi personalizzati a loro volta suddivisi in : dispositivi adattabili e dispositivi paziente specifico .
  • Evidenziava l’assoluta irragionevolezza dell’impianto normativo del DPCM stante le differenze previste tra l’allegato 12 relativo alle “modalità di erogazione dei dispositivi protesici”, e l’allegato 11 relativo alle “modalità di erogazione dei dispositivi medici monouso”. Infatti soltanto per questi ultimi, il DPCM ha previsto la possibilità per le ASL di ricorrere ad un meccanismo alternativo di acquisto al sistema centralizzato, ovvero attraverso la stipula di specifici accordi con i soggetti erogatori.
  • Criticava il quadro confuso e generico in materia di assistenza protesica definito dal DPCM, i cui rimandi ad atti successivi di competenza regionale svuotavano di fatto il provvedimento della forza normativa e di uniformità a livello nazionale.

A fronte di un ricorso così articolato, il GIUDICE AMMINISTRATIVO ha promulgato una sentenza (n. 10579/2022) assolutamente deludente perché non è entrato nel merito della quasi totalità dei motivi del ricorso stesso, come sarebbe stato lecito attendersi dopo 5 anni. 
Il TAR si è concentrato unicamente sulla questione di legittimità delle gare di appalto (che era uno dei tanti punti sollevati); ed ha accolto tout court le ragioni di parte resistente. Infine, in modo del tutto inconferente, ad un certo punto della sentenza, ha erroneamente considerato come oggetto del contendere le audioprotesi (!), a testimonianza di una superficiale attività di copia incolla da altre  sentenze, invece che di attenta analisi del ricorso da esaminare.

Stante l’inconcludente risultato raggiunto dopo 5 anni di attesa della discussione di merito, si sta valutando con lo Studio legale di riferimento, l’eventuale possibilità di impugnare la sentenza 10579/2022 al Consiglio di Stato.

ALLEGATI SCARICABILI

Tar Lazio sent. 10579-2022
Ricorso Fioto vs dpcm Lea
Dichiarazione interesse marzo 2017
Commento sentenza Avv Verlato